Vincenzo Di Salvo, il sindacalista che non si è piegato alla mafia

Vincenzo Di Salvo, il sindacalista che non si è piegato alla mafia

La storia che vi stiamo per raccontare non ha un lieto fine. Almeno in teoria.
Il protagonista di questa storia è Vincenzo Di Salvo, giovane sindacalista licatese ucciso dalla mafia.
Vincenzo però, a distanza di tanti anni, vive nel ricordo di quanti gli hanno voluto bene: amici, colleghi e familiari. E gente comune, persone per cui Vincenzo è un simbolo, un esempio da tramandare.
Perché la mafia è una triste e grave piaga che attanaglia la nostra terra, che ne condiziona lo sviluppo e la crescita.

Vincenzo Di Salvo nasce a Licata il 5 novembre 1922. Ha una famiglia, è padre di due figli; ha un lavoro presso una ditta dove svolge anche funzioni sindacali. Ed è proprio in questo aspetto che si configura il suo omicidio.
Erano giorni turbolenti quelli precedenti all’omicidio, avvenuto il 17 marzo 1958 in via Marconi.
Erano giorni in cui i lavoratori dei cantieri protestavano compatti per chiedere il pagamento degli stipendi ed il rispetto degli accordi di lavoro. Vincenzo era li in testa, a difendere i suoi ed i diritti dei suoi colleghi.
Le proteste costrinsero la ditta Jacona a sedersi ad un tavolo e cedere, almeno sulla carta, alle pretese dei lavoratori.




È proprio in questi giorni che nei cantieri si vedono losche figure, tra le quali quella di Salvatore Puzzo; una fedina penale non proprio limpida la sua, diversi precedenti penali e indiziato di associazione mafiosa.
Salvatore Puzzo era solito intimidire i manifestanti, cercando di farli desistere dalla pretesa di vedere rispettati i propri diritti. Il giorno dell’omicidio i lavoratori erano riuniti sotto il palazzo di Città, in attesa del ragioniere che avrebbe dovuto pagare le spettanze. Ciò non accade, provocando ovviamente malcontento tra le persone.
Sono gli ultimi istanti di vita di Vincenzo. Mentre con amici e colleghi si allontanava, veniva raggiunto da Puzzo che inveendogli contro, dopo un acceso diverbio estrasse la pistola e fece fuoco contro Vincenzo Di Salvo.
E in quelle ore accadde qualcosa che a Licata era abbastanza sconosciuto: venne abbattuto il muro dell’omertà.
Tante le persone che raccontarono come si svolsero i fatti, tante le persone che accusarono Puzzo di essere esecutore dell’omicidio e di aver turbato i lavoratori nei giorni precedenti.




A distanza di sessant’anni è stata l’associazione A Testa Alta ad aver tirato fuori dagli archivi questa storia; è merito di questa associazione se oggi, Vincenzo Di Salvo, viene ricordato come è giusto ricordarlo: da eroe. Perché gli eroi sono coloro che hanno il coraggio di ribellarsi a chi crede di vincere con i soprusi o, semplicemente, che si sentono “sperti”.
Vincenzo oggi è un eroe da far conoscere soprattutto ai più giovani, Puzzo è solo un criminale, un codardo che ha anche tentato la latitanza dopo l’omicidio ma che pochi giorni dopo è stato arrestato nei pressi di Frosinone.
Vincenzo Di Salvo, insieme a Salvatore Bennici, ucciso dalla mafia per essersi ribellato al racket, sono gli esempio che dobbiamo custodire gelosamente e tramandare di generazione in generazione.

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