Un giorno, nei libri di storia, si parlerà dell’epidemia che nel XXI secolo ha colpito il mondo intero.
Sempre la storia ci insegna che il covid-19 non è certo la prima pandemia che colpisce l’umanità. Sono tanti i virus che in passato hanno seminato morte e miseria, tra di essi annoveriamo sicuramente la peste.
Oggi vi raccontiamo come Licata ha fronteggiato l’epidemia che ha investito la città in due diverse ondate: nel 1584 e nel 1624.
Grazie alle informazioni raccolte dal Fondo Librario Antico, possiamo raccontare come nel 1584 i licatesi cercarono di difendersi dalla peste. Si racconta nei documenti che furono chiuse tutte le porte di accesso alla città, tranne Porta Grande che era sottoposta ad un rigido controllo. In città erano tanti i roghi dove venivano bruciati materassi, vestiti, arredi e altri averi che appartenevano agli “appestati”. Venne blindata l’area del Castel Nuovo, i malati venivano rinchiusi in casa e poi trasportati in ospedale. Furono alla fine una ventina i morti di peste a Licata.
Nella seconda ondata, quella del 1624, non sappiamo quante furono le vittime a Licata. Dalle carte del Fondo Librario Antico emerge che per sfuggire alla peste, diversi licatesi si rifugiarono sulla montagna, alcuni barricati nelle grotte. Vennero organizzate delle ronde per tutti i quartieri, al fine di far rispettare le misure di quarantena emesse in quel periodo, misure destinate soprattutto a coloro che venivano a Licata da altri comuni.
Rileggendo queste righe possiamo notare quante similitudini ci siano con l’emergenza che viviamo adesso.
L’epidemia di peste del 1624 è legata al nostro Patrono; è infatti a lui che si rivolse la popolazione per liberare la città. Nell’agosto del 1625 Licata venne liberata dalla peste, da qui la tradizione dei festeggiamenti di agosto dedicati al Patrono. La festa di agosto nasce infatti per “ringraziare” Sant’Angelo.
Foto: Fondo Librario Antico
Fonti: Fondo Librario Antico, QuiLicata.