La settimana santa a Licata tra storia e tradizione
(foto di Sandro Cosentino)
A Licata, la Settimana Santa è sicuramente tra le ricorrenze religiose più attese e sentite dalla popolazione, consolidata da riti antichissimi, con cui i fedeli ricostruiscono e commemorano il percorso di Cristo verso la morte e resurrezione.
L’itinerario spirituale si apre con la processione della Madonna Addolorata e culmina con la Commemorazione del Venerdì Santo, in una combinazione di religiosità, folklore e credenze popolari, che coincide con l’inizio della primavera.A dare il via ai riti della Passione è la Festa dell’Addolorata di Sant’Agostino, il venerdì precedente a quello della crocifissione. E’ una festa leggendaria, a cui partecipano moltissime persone, specialmente pescatori, navigatori e marinai. La Statua della Vergine si trova nella Chiesa dell’Addolorata (o di San Agostino) alla Marina, antico borgo e vecchio cuore di Licata, da qui viene portata in processione per le vie principali e deposta nella Chiesa Madre, dove resta tre giorni, fino alla sera della Domenica delle Palme, quando è ricondotta nella sua chiesa, tra rulli di tamburi e tristi lamenti, a rappresentazione del dolore della santa.
La Processione – chiamata “U Viaggiu” – è legata alla leggenda di un naufragio, che a fine Ottocento spinse un veliero sulla Scogliera del Caricatore. I facchini del Caricatore riuscirono a soccorrere i naufraghi e salvare il carico, trovando nella stiva la bellissima statua dell’Addolorata, poi offerta in segno di gratitudine alla chiesa di Santa Margherita. Da allora la Madonna rimase a Licata, dove viene adorata e festeggiata ogni anno, con un corteo che vede la Madonna seguita da donne scalze in segno di penitenza e ringraziamento per una grazia richiesta o ricevuta. L’apice dei riti pasquali è rappresentato dalla Commemorazione del Venerdì Santo, nata in tempi remoti dalla Confraternita di San Girolamo della Misericordia e rimasta nel cuore delle rappresentazioni popolari licatesi.
Tutto comincia durante il Giovedì Santo e l’atmosfera – sebbene l’occasione riguardi la Passione di Cristo – è tra le più gioiose: sono molti gli emigrati che tornano per l’occasione e le strade sono illuminate e gremite di persone di ogni età.
I fedeli visitano i sepolcri allestiti nelle chiese, che per tradizione spagnola sono abbondantemente decorati con “curuneddi” (piatti di semi germogliati, di buon augurio per il nuovo ciclo vegetativo), mentre la confraternita di S. Girolamo si reca al Calvario in visita penitenziale.
I Confrati, preceduti dallo stendardo e da una croce, iniziano la processione durante la notte, vestiti con saio bianco e una corda rossa al fianco. Escono dalla Chiesa di San Girolamo portando a spalla il corpo di Gesù, coperto da un prezioso telo, si incamminano lungo Via Martinez, Corso V. Emanuele e Corso Umberto.
Il Cristo è seguito dalla Madonna Addolorata e i fedeli ne scandiscono il silenzioso percorso accendendo luminarie nelle inferriate dei balconi e lanciando fiori al loro passaggio. Quasi all’alba i due simulacri si dividono, il Cristo in lettiga entrerà al grido di Misericordia al Calvario, nel sontuoso palazzo La Lumia, dove è allestita la camera ardente che lo ospiterà fino alla rituale crocifissione del pomeriggio, mentre la Madonna si dirige nella chiesa di Sant’Angelo, dove aspetterà fino al momento della Giunta con il figlio.
Il venerdì comincia con la visita al Cristo morto, alle 13.00 ha inizio la cadenzata processione del Cristo Crocifero – ovvero u Signuri ca cruci ‘ncoddu – dalla chiesa di San Gerolamo verso il Calvario. Un’ora più tardi in piazza del Municipio, uno squillo di tromba annuncia l’attesissima “Giunta” tra il Figlio Crocifero e la Madonna Addolorata portata di corsa dalla Chiesa di Sant’Angelo.
Madre e figlio procedono ora insieme, con la caratteristica ‘nnacata (andatura dei portatori: un piccolo passo avanti, uno a destra, uno a sinistra). La Madonna è portata dalle maestranze agricole in abito nero e guanti bianchi, il Cristo dai Confrati della Misericordia vestiti per l’occasione in smoking. Quasi al Calvario, il Cristo Crocifero entra nel Palazzo La Lumia per uscirne incredibilmente privo della Croce sulle spalle. Posto in croce da due preti ed un infermiere, il Gesù Crocifisso verrà omaggiato per tutto il pomeriggio da cortei di ‘ncurunati (penitenti) recanti corone di fiori.
Al calare della sera ha luogo la Deposizione del Cristo, i Confrati della Misericordia, nuovamente vestiti con il saio, ripartono dalla Chiesa di San Girolamo e giungono al Calvario con la preziosa urna. Qui partirà l’ultima emozionante processione, i latori si fermeranno alla Chiesa del Carmine, dove il Cristo viene accolto dai fedeli in preghiera e dal canto del Coro Polifonico, successivamente alla Chiesa Madre, per raggiungere infine stanchi ed emozionati la propria chiesa e deporvi il Cristo.
Alla tradizione religiosa si lega, inevitabilmente, quella culinaria. Soprattutto durante il venerdì santo il religioso digiuno viene spezzato da piatti tipici per l’occasione. A pranzo è tradizione mangiare “a milanisi” pasta condita con sarde e finocchietto selvatico, riferimento questo alla fertilità della natura, del mare e della terra.
La cena prevede un menù a base di “muffuletti”; pagnotte con spezie dolci e di semi di sesamo, ovvero “cimini duci” e “giurgiulena”.
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