Sono 52 gli anni trascorsi da quei fatti che, per alcuni versi, consegnarono Licata alla storia.
C’erano le elezioni regionali, in massa i licatesi decisero di disertare i seggi.
A promuovere la singolare protesta fu Il comitato dell’acqua, costituito poco tempo prima e che vedeva in Ernesto Licata tra i principali artefici.
La cronica mancanza di acqua fu il motivo scatenante della protesta, non era però certo l’unico problema che la città si trovava ad affrontare.
“La protesta del voto”, così fu ribattezzata, fu però l’ultimo passo di una battaglia iniziata diverso tempo prima.
Anni turbolenti per la nostra città, alle prese con la crisi dello zolfo (di alcuni decenni prima) e con nessuna prospettiva per un futuro più roseo.
Il “Comitato dell’Acqua” riuscì a portare alla ribalta nazionale i problemi di una città, riuscendo ad ottenere anche alcune conquiste.
Erano però anni di mafia che nel 1958 uccide Vincenzo Di Salvo, sindacalista e dirigente della Lega degli edili, reo di aver capitanato lo sciopero dei dipendenti che da tempo non venivano retribuiti.
Anni di proteste, con l’uccisione nel 1960 di Vincenzo Napoli, nel corso di una manifestazione.
Anni di speculazioni edilizie, di interessi personali a scapito del bene comune.
50 anni dopo, non è che poi la situazione sia cambiata di molto, forse nella forma mai nella sostanza.
L’acqua continua ad essere un diritto razionato, qualitativamente scarso e interruzioni, guasti e lavori ne bloccano spesso l’erogazione.
I recipienti posti sui tetti delle abitazioni, molto in voga nei decenni scorsi, sono oggi sostituiti dalle cisterne.
Dissalatori dal dubbio funzionamento contribuiscono ad inquinare un ambiente già provato da altri disastri.
50 anni dopo, è forse il caso di pensare che alla base di ogni cambiamento ci siamo noi stessi, che la “prima rivoluzione bisogna farla dentro di noi”.
fonti: quilicata.it
licatanet.it
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